sabato 26 aprile 2014

Virginia D. Capitolo 40. Finale. Memoria di luce. A memory of Light.



Virginia morì in un giorno di maggio in cui il sole splendeva su un cielo completamente sereno e privo di nubi.
Lei stessa era divenuta ormai puro spirito.
Per quanto fosse un evento ineluttabile, io non riuscivo ad accettarne l'idea.
La sua immagine era evanescente, come una foto sbiadita di un lontano passato, che pur avendo perduto la sua nitidezza, conserva ancora una memoria di luce.

Quando la fine era ormai prossima, Virginia mi aveva sussurrato le sue ultime parole, con una serenità che raramente è concessa nell'ultima agonia.
<<A me è toccata la parte più facile. Il dolore è di chi rimane. Ma tu devi giurarmi, sulla mia stessa anima, che non ti perderai. Devi promettermi che continuerai a ricercare nella vita tutto ciò che le dà un senso. Dovrai riempire di nuovi contenuti la tua vita. Me ne andrò felice se saprò che tu non chiuderai la porta alle occasioni di felicità che il futuro metterà sulla tua strada>>
Glielo promisi, cercando di crederci, e non fu facile, ma lei apprezzò il mio sforzo e capì che avrei tenuto fede al giuramento.
Poi mi prese per mano:
<<Ora guardami così come mi hai guardata il primo giorno. Non è per vanità che te lo chiedo, ma perché voglio che l'ultima cosa che i miei occhi vedranno in questa vita sia il volto dell'amore>>
Ed io la contemplai, in adorazione, con lo stesso sguardo innamorato della prima volta in cui la vidi e della prima sera in cui uscimmo insieme e della prima notte in cui ci amammo.
Non saprei dire con esattezza il momento in cui spirò. La luce dei suoi occhi si spense con lentezza ed io mi ritrovai a chiuderle le palpebre quasi senza rendermene conto.
Pareva una bambina cullata da dolci sogni.
<<Namàrie>> la salutai nella lingua elfica del lamento di Galadriel, che lei tanto amava.

« Ah! come oro cadono le foglie al vento,
lunghi anni innumerevoli come le ali degli alberi!
I lunghi anni sono passati come rapidi sorsi
del dolce idromele in alti saloni
oltre l'Occidente, sotto le azzurre volte di Varda
ove le stelle tremolano
alla voce del suo canto, voce sacra di regina.
Chi riempirà ora per me la coppa?
Per ora la Vampa, Varda, la Regina delle stelle,
dal Monte Semprebianco levò le mani come nuvole
ed ogni sentiero è immerso nella profonda oscurità;
e fuori dalla grigia campagna l'ombra si distende
sulle onde spumeggianti poste fra di noi,
e la bruma ricopre i gioielli di Calacirya per sempre.
Ed ora persa, persa per chi è in Oriente è Valimar!
Addio! Forse un giorno troverai Valimar!
Anche tu forse un giorno la troverai! Addio! »

Namàrie... Anche io chiusi gli occhi.
Vidi sfilare nella mia memoria tutte le splendide immagini di lei, così come ogni mattina mi era apparsa, sempre diversa, sempre bellissima, sempre straordinariamente unica.






Ciò che di lei vive e risplende ancora nella mia memoria è e sarà per sempre la luce dei suoi occhi e del suo sorriso, ad illuminare la mia strada in luoghi oscuri, quando ogni altra luce si spegne.



E tra le innumerevoli cose che Virginia mi ha insegnato, una su tutte è quella che meglio riassume la sua natura solare, e cioè la capacità di vedere un'alba in ogni tramonto.




Ringraziamenti

Questo romanzo mi è stato ispirato, sia nei personaggi che nelle tematiche, da una straordinaria giovane donna che ho avuto il privilegio di conoscere e di amare durante i miei anni universitari. E' grazie a lei che ho imparato ad amare un certo tipo di letteratura e di arte che è poi divenuta la stella polare della mia poetica e della concezione estetica alla base di tutto ciò che scrivo e che amo.
Anche se la vita ci ha allontanati, lei è sempre presente nei miei sentimenti e nella mia immaginazione come archetipo di bellezza e di personalità.
E la scelta di Emmy Rossum come volto di Virginia Dracu. è avvenuta per la straordinaria somiglianza dell'attrice americana con colei che io torno a ringraziare per aver illuminato alcuni tra i migliori anni della mia vita.

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