giovedì 22 maggio 2014

Maps to the stars (2014). Recensione. Il lato oscuro di Hollywood che conduce alla pazzia e alla perdizione.



Maps to the stars è un film avvincente, sorprendente, divertente e spaventosamente bello.
Gli ingredienti ci sono tutti a partire da un regista di primissimo livello, David Cronenberg e da un cast stellare adattissimo a un titolo che parla di stelle, quelle del firmamento più luccicante dello spettacolo, Hollywood, luogo di sogni, di smodate ambizioni, di piaceri raffinati e perversi, di illusioni, di frustrazioni, di nevrosi, di follie, di dipendenze e di autodistruzioni.
E' un thriller, con alcuni momenti horror, ma è anche una commedia brillante, che ci permette di esorcizzare con i motti di spirito la drammaticità di un intreccio di vicende e di vite collegate tra loro in un modo così complesso che solo in maniera graduale ci viene svelato, colpendoci , a volte duramente, e facendoci riflettere sul prezzo che si paga per la ricerca del successo e sul valore di ciò che la fama sottrae alle persone celebri, e cioè la libertà di poter essere pienamente se stesse.
Ed è proprio la libertà l'unico valore positivo e salvifico in un film dove tutto, persino le cose più sacre, come l'unità della famiglia e l'amore romantico, sono messe in pericolo dalla vanità della ricerca del successo ad ogni costo. 



La protagonista, Agatha Weiss (interpretata da una straordinaria Mia Wasikowska, da Oscar, a mio parere, che sembra quasi riprendere il personaggio di India Stoker, lasciato in sospeso l'anno scorso nel finale aperto del meraviglioso film omonimo), è l'unica ad aver capito che la fama e il successo hanno un prezzo troppo grande: la perdita della libertà. 
Lei rifiuta di pagare questo prezzo e lo fa ripetendo come un mantra le parole della poesia "Libertà" di Paul Eluard, che ho riportato nel post precedente a questo.

http://voxcalantisindeserto.blogspot.it/2014/05/liberta-di-paul-eluard-tributo-mia.html

Agatha nasconde un terribile segreto, che ha lasciato sul suo volto e sulle sue mani i segni di una cicatrice da ustione. Nel suo passato c'è un incendio, una casa andata a fuoco, una famiglia segnata per sempre da questo dramma.
E non è un caso che questo film insista tanto sul tema del fuoco e dell'ustione, perché il fuoco è il simbolo della gloria che risplende e nel contempo incenerisce, e l'ustione è il simbolo della sua conseguenza, un marchio tatuato a vita sul volto e sul corpo.
Ma torniamo alla trama.
Agatha è tornata a Los Angeles per "fare ammenda", come ripete spesso alle persone con cui ha a che fare, che però non la capiscono e la prendono per pazza, mentre in fondo lei è soltanto la vittima della pazzia di tutti coloro che la circondano.
Agatha deve espiare la colpa di un gesto estremo di rivolta contro un padre, il dottor Stafford Weiss, ossessionato dal successo (un ottimo John Cusack, perfetto per il ruolo), che in pubblico è un illuminato terapeuta e psicologo delle star, mentre nel privato è un uomo mostruosamente brutale e dispotico nei confronti della moglie e dei figli.



Il dottor Weiss è un padre spietato in un film spietato, che non risparmia niente a nessuno, spettatori compresi.
Ci sono scene forti, a volte troppo forti, forse troppo spinte, volutamente eccessive e provocatorie, che però non tolgono a questo lungometraggio il valore di eccellenza che sento di attribuirgli a caldo, subito dopo averne preso visione e senza avere letto altre recensioni, per non lasciarmi influenzare.
La famiglia Weiss comprende anche una madre apparentemente fredda e arrivista, ma in realtà capace di profondo amore, e un figlio tredicenne, precoce attore di successo, in apparenza cinico e antipatico, ma nei fatti succube delle manie di grandezza del padre, che è senza dubbio il personaggio peggiore di cui non si salva proprio niente.
Agatha si era ribellata, anni prima, ed aveva pagato a caro prezzo quella ribellione. Per questo motivo non si presenta subito dalla sua famiglia.
Riesce a trovare lavoro grazie alla sua amicizia con una famosa attrice reale, che nel film interpreta se stessa in un cameo emozionante e delizioso: sto parlando di Carrie Fisher, che tutti noi ricordiamo come la principessa Leila di Guerre Stellari.



Bisogna dar atto a Carrie Fisher di aver avuto una grandissima forza e un notevole coraggio nel testimoniare direttamente e personalmente le conseguenze amare del successo, offrendo alla telecamera spietata il suo volto segnato dagli anni turbolenti di un'esistenza difficile, con una dipendenza da droghe e alcool, e ricorrenti disturbi bipolari dell'umore. Ricordiamo però che Carrie Fischer non ha mai nascosto i suoi problemi e anzi ne ha tratto un famoso romanzo autobiografico, Cartoline dall'inferno, da cui è stato poi ricavato il film omonimo.



Siamo veramente felici nel vederla tornare sul grande schermo, anche in previsione della sua trionfale rentrée nel cast del VII episodio di Guerre Stellari che sarà nelle sale nell'autunno 2015, attesissimo da tutti i fan, me per primo.
Carrie ha conosciuto Agatha su Twitter e le trova lavoro come assistente dell'amica attrice Havana Segrand (una Julianne Moore in stato di grazia, che si è calata nel personaggio fin troppo bene, il che ci fa sospettare che in quel personaggio riconosca se stessa e tutti i turbamenti di un'attrice non più giovanissima, ma ancora piena di ambizione e desiderio, e disposta a tutto per ottenere il ruolo nel remake di un film dove aveva recitato sua madre).



Havana è schiacciata dal ricordo della defunta madre, una grande attrice alla cui ombra lei è cresciuta.
Questo ricordo, pieno di astio e di rivalità, in cui si riversano accuse di cui non ci è dato sapere la fondatezza, è aggravato dal sospetto che la morte della madre, avvenuta in un incendio, sia stata causata dalla figlia stessa.
L'immagine della madre, vista e rivista mille volte nel film in bianco e nero di cui Havana dovrebbe girare il remake, diventa una ossessione tale da trasformarsi in allucinazioni.
E così Havana incomincia a veder comparire, nei momenti più inaspettati, l'immagine di sua madre giovane e bellissima, interpretata dalla splendida ed eterea Sarah Gadon, musa ispiratrice di Cronenberg.



La virginale ed evanescente bellezza di Sarah Gadon, che già aveva lavorato con Cronenberg e Pattinson in Cosmopolis, (e ancora prima, sempre con Cronenberg in A dangerous methodha un qualcosa di algido e inquietante che conferisce al personaggio la statura di un vero e proprio fantasma, (che ci spaventa non poco e non è l'unico fantasma a comparire, ma attenzione, questi non sono fantasmi reali, sono solo allucinazioni).



A causa di queste allucinazioni, Havana è in terapia presso il dottor Weiss, che tramite lei viene a sapere che Agatha è tornata a Los Angeles, dopo anni di reclusione in una clinica psichiatrica in Florida.
Inizialmente tra Havana ed Agatha c'è simpatia e complicità, acuite dal fatto che la madre di Havana è morta in un incendio, così come Agatha è rimasta ustionata nell'incendio della propria casa, da lei stessa appiccato dopo aver appreso un segreto sconcertante e inconfessabile sui suoi genitori.
Ma mentre Agatha è pronta all'espiazione e alla redenzione, Havana cerca solo vendette ed agisce in base all'invidia verso la giovane assistente.
I buoni propositi di Agatha sono rovinati dall'innamoramento nei confronti un giovane autista ed aspirante attore e sceneggiatore, aitante, ma ambiguo e senza scrupoli, interpretato da un Robert Pattinson sempre più lanciato nella parte del cinico approfittatore e sciupafemmine.



L'abbinamento Wasikowska-Pattinson mi ha positivamente impressionato, perché il carisma di Mia Wasikowska ha decisamente giovato alle capacità recitative di Robert Pattinson.
Sono lontani (grazie al cielo) i tempi di Twilight e dell'immobile musoneria di Kristen Stewart: qui Pattinson, finalmente con una partner di calibro, mostra di essere veramente cresciuto a livello professionale, alla scuola di un regista e al fianco di un cast di grandi attori la cui professionalità è uno dei punti di forza di questo film, curato nei minimi dettagli.
Non aggiungo altro, perché ho già rivelato fin troppo.
Lo sviluppo della trama sarà pieno di sorprese ed autentici colpi di scena.
Andatelo a vedere, ne vale la pena, vi piacerà, specie se amate il genere thriller / noir, con qualche accenno splatter e horror, ma sopportabile, perché diluito in una brillante commedia e divertentissima parodia di Hollywood  (che in fondo prende in giro se stessa), e condito da alcune scene osé, che si potevano anche evitare, e da altre scene deliberatamente comico-realistiche con funzione demitizzante, apotropaica e di "messa a terra" di una tensione che cresce sempre di più man mano che ci si avvia verso una conclusione degna delle più famose tragedie greche.



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