sabato 7 gennaio 2017

Il Piano Kalergi, l'Unione Paneuropea e la teoria della Grande Sostituzione etnica

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Il conte Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi (in tedescoRichard Nikolaus Eijiro Graf Coudenhove-Kalergi; Tokyo17 novembre 1894 – Schruns27 luglio 1972) è stato un politico e filosofo austriaco, fondatore dell'Unione Paneuropea e primo uomo politico a proporre un progetto di Europa unita.


Figlio di un diplomatico austro-ungarico e della giapponese Mitsuko Aoyama (1874-1941), discendente di una famiglia samurai, Coudenhove-Kalergi passò la sua infanzia nel castello di famiglia in Boemia, prima di entrare al Theresianum di Vienna, uno dei collegi più rinomati dell'impero. Qui conobbe persone di diverse nazionalità e si appassionò alla filosofia. Terminò i suoi studi all'Università di Viennadiventando dottore nel 1917. Dopo la prima guerra mondiale prese la nazionalità cecoslovacca e si allontanò dalla filosofia per iniziare a pubblicare articoli sulla necessità di un nuovo ordine europeo.
Nel dicembre 1921 fu iniziato in massoneria nella Loggia "Humanitas" di Vienna[1].
Kalergi era convinto che occorreva promuovere lo spirito europeo prima della convergenza di interessi materiali per ottenere la pace in Europa. Così, lanciò il suo primo appello all'unità del Vecchio continente nel 1922. Dall'anno seguente propose il primo progetto moderno di una Europa unita nel suo libro Paneuropa, il cui messaggio fu percepito tra le due guerre da un buon numero di personalità come Konrad AdenauerRobert SchumanAlcide De Gasperi e Winston Churchill.

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Fu questo messaggio che ispirò a Aristide Briand il suo progetto di Unione Paneuropea, presentato nel 1929 alla Società delle Nazioni a Ginevra. L’Unione Paneuropea, nata nelle ceneri della Prima grande Guerra, aveva proprio lo scopo ufficiale di impedire un nuovo conflitto mondiale. Lo scopo ufficioso era di unificare l’intera Europa al fine di integrarla nel Nuovo Ordine Mondiale. 

Nel 1925 nel suo profetico libro, oltreché la sua opera più famosa, Praktisher Idealismus, Kalergi auspica la nascita di un'unico popolo europeo dipendente da un'unica autorità centrale, un'Unione simile a quella degli Stati Uniti d'America. 

Poiché all'epoca le nazioni europee controllavano, tramite gli imperi coloniali, anche il continente africano, l'Unione Paneuropea auspicata da Kalergi comprendeva anche gran parte dell'Africa ed era destinata a favorire una fusione della popolazione europea con quella africana.

Su questa considerazione si basa il più controverso passaggio del Praktisher Idealismus di Kalergi: « L'uomo del futuro sarà di sangue misto. Oggigiorno, razze e classi sono gradualmente destinate a scomparire per gli effetti di spazio, tempo e pregiudizi. La razza del futuro è Negro-eurasiatica, simile in apparenza agli antichi egizi, e rimpiazzerà la diversità dei popoli con la diversità dei singoli»

In questa frase, che va inquadrata nell'ambito del dibattito tra ideologie razziste e ideologie classiste degli Anni Venti di cui riecheggia il linguaggio, si è voluta vedere una premessa di quella che, nell'attuale Unione Europea e in generale nell'attuale assetto politico-economico-finanziario dominato dalle elites globaliste, è stata chiamata la "Grande sostituzione etnica" degli europei con le altre popolazioni, in particolare africane e asiatiche, in linea con quanto affermato da G. Brock Chisholm, ex direttore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS): «Ciò che in tutti i luoghi la gente deve fare è praticare la limitazione delle nascite e i matrimoni misti (tra razze differenti), e ciò in vista di creare una sola razza in un mondo unico dipendente da un’autorità centrale»

Coudenhove-Kalergi lanciò anche l'idea nel 1923 di riunire il carbone tedesco e il minerale francese sotto un'unica autorità, progetto che si concretizzerà nel 1952 sotto il nome di Comunità europea del carbone e dell'acciaio.
Per primo propose nel 1929 di adottare come inno europeo l'Inno alla gioia di Friedrich von Schiller su musica della Nona sinfonia di Ludwig van Beethoven. Fu inoltre l'autore nel 1930 della prima proposta di celebrare unagiornata dell'Europa a maggio.
Con l'Anschluss si rifugiò in Svizzera; da lì, partì per gli Stati Uniti d'America, dove insegnò all'Università di New York. Prese tuttavia la nazionalità francese nel 1939. La fine della guerra lo portò a tornare in Svizzera, in un primo tempo a Gstaad. Dopo aver suggerito nel 1947 la creazione del primo francobollo europeo, è in questa città che fondò nel 1948 l'Unione Parlamentare europea che sboccherà dopo il Congresso dell'Europa a L'Aia nel 1948 nella creazione del Consiglio d'Europa e del Parlamento europeo.
Fu premiato nel 1950 col Premio Carlo Magno.

Note

  1. ^ Dagmara Jajeśniak-Quast, Einzelveröffentlichungen des Deutschen Historischen Instituts Warschau Bd. 23, capitolo "Polish Economic Circles and the Question of the Common European Market after World War I", Fibre-Verlag, 2010,p. 131.

Bibliografia

  • Pan-Europa. Un grande progetto per l'Europa unita, Il Cerchio, Rimini 2006 (II ediz.).
  • Bertella Farnetti Paolo, Gli Stati Uniti e l'unità europea (1940-1950). Percorsi di un'idea, Franco Angeli, Milano, 2005.
  • B. P. Boschesi, Il chi è della Seconda Guerra Mondiale - Mondadori Editore, 1975, vol. I, p. 117.

Voci correlate


L'Unione Paneuropea o Paneuropa, è un'associazione fondata dall'aristocratico austro-ungarico Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi nel 1922 col nome di Unione Paneuropea Internazionale con l'intento di porre le basi per il conseguimento dell'unità politica ed economica dell'Europa. Fu infatti all'interno di Paneuropa che si adottò per la prima volta l'espressione “Unione europea”.

Storia

1922: Il progetto Pan-europeo di Kalergi ed il temporaneo arresto con la nascita dei totalitarismi

Sul finire del primo conflitto mondiale, il cosmopolita Coudenhove-Kalergi iniziò a scrivere una serie di articoli nei quali indicava la necessità di addivenire ad un nuovo ordine europeo. Questi suoi propositi culminarono nel novembre 1922 con la pubblicazione del documento Paneuropa, un progetto che venne dato alle stampe a Vienna e a Berlino nel quale venivano prospettate per la prima volta l'unificazione politica ed economica degli Stati europei come rimedio agli errori del conflitto appena concluso e definito da Kalergi come “una guerra civile europea”. Nel 1923 esce infine il libro-manifesto Pan-Europa. Fra i primi a credere e finanziare il progetto, vi fu il banchiere tedesco Max Warburg (1867-1946), che lo sostenne già nel 1924. Progressivamente il progetto vede l'appoggio o l'interessamento da parte di politici ed intellettuali di estrazione politico-ideologica molto differenti fra loro, e fra questi Hjalmar SchachtKonrad AdenauerPaul ValerySeán MacBrideThomas MannStefan ZweigRainer Maria RilkeNicholas Murray ButlerEdvard BenešFrancesco Saverio NittiCarlo SforzaSigmund FreudAlbert EinsteinJean MonnetJohn Maynard Keynes e molti altri. Altre importanti figure politiche come il presidente ceco-slovacco Masaryk, il cancelliere austriaco Ignaz Seipel e il ministro degli Esteri francese Aristide Briand furono grandi sostenitori di Paneuropa. Il progetto fu poi sostenuto dalla costituzione negli Stati Uniti di un Comitato di Cooptazione. Sotto questi auspici furono migliaia le persone convenute da 24 Stati diversi al primo congresso paneuropeo apertosi il 3 ottobre 1926 a Vienna. Sulla scorta di questo successo internazionale Aristide Briand il 5 settembre 1929 propose alla Società delle Nazioni la creazione di una Federazione degli Stati Europei. Negli anni Trenta del secolo scorso Kalergi mise in guardia contro i regimi totalitari di Hitler e di Stalin. Questa presa di posizione fu pagata da Paneuropa con la messa al bando in tutta la Germania, dopo che Hitler ebbe preso il potere.

1945: La ripresa del progetto ed il cambio di prospettive

Negli anni bellici e prebellici, anche a causa dei contrasti con i regimi che mal vedevano le sue teorie multiculturali e multietniche, Kalergi si trasferì negli Stati Uniti, dove insegnò alla New York University. In questo periodo Kalergi mantiene stretti contatti con la resistenza europea ai regimi fascisti, gettando le basi per la ricostruzione futura del progetto. A guerra finita fu infatti ripreso e sostenuto da un certo numero di politici fra cui Winston ChurchillWilliam Joseph DonovanAllen Welsh DullesJean MonnetKonrad AdenauerMaurice SchumannOtto d'Asburgo ed altri, che però imposero al progetto di Unione Paneuropea un indirizzo decisamente più tecnocratico. È nel 1947 che venne convocato in Svizzera a Gstaad il primo Congresso dell'Unione Parlamentare Europea ottenendo la formazione di un Consiglio d'Europa e di un'Assemblea Parlamentare, primo embrione dell'attuale Parlamento Europeo.
Oggi Paneuropa prosegue nel progetto di Kalergi promuovendo il consolidamento dell'Europa attraverso il dialogo e lo sviluppo delle nazioni europee nei campi della cultura, dell'economia, della politica e della difesa militare comune, grazie al contributo di Otto d'Asburgo, che ha raccolto la leadership di Kalergi, e sotto la direzione organizzativa di Bernd Posselt e Warburga d'Asburgo-Douglas. Nel dicembre 2004 Otto d'Absburgo ha rimesso il suo incarico di Presidente dell'Unione Paneuropea che è stato assunto da Alain Terrenoire. Otto d'Asburgo è stato poi nominato Presidente Onorario dell'Unione Paneuropa Internazionale, carica che ha mantenuto fino alla sua morte, nel 2011.
L'Unione Paneuropea Internazionale conta ad oggi sedi nei seguenti Paesi europei: AlbaniaAustriaBelgioBosnia ed ErzegovinaCroaziaEstoniaFinlandiaFranciaGermaniaItaliaLettoniaLussemburgoMacedoniaRegno UnitoRepubblica CecaRomaniaSan MarinoSveziaSvizzeraSlovacchiaSloveniaSpagnaUngheria.

Le tre tappe dell'unificazione ed i nove punti del programma Paneuropa

Coudenhove-Kalergi elabora un progetto di unificazione federale. Esso prevede tre tappe:
  • 1. Una cooperazione intergovernativa stretta tra gli stati europei: saranno previsti degli incontri periodici. Le decisioni si prendono all'unanimità in questa fase.
  • 2. Un'unione doganale tra i partecipanti.
  • 3. La fase federale: gli Stati Uniti d'Europa.
Il programma di Kalergi prevede nove punti:
  • 1. È necessario che questa unione sia una confederazione europea con una garanzia reciproca di delegazione legale della sovranità. I governi devono, in altre parole, essere sicuri che la cessione di sovranità avverrà in egual misura per tutte le parti.
  • 2. Per gestire i conflitti tra gli stati membri, sarà necessaria una corte federale europea.
  • 3. Un esercito europeo, un'alleanza militare, che raggruppi contingenti dei diversi paesi, per garantire la pace a livello continentale.
  • 4. Un'unione doganale progressiva.
  • 5. Un'unificazione delle colonie. Sfruttamento a livello europeo.
  • 6. Progetto di moneta unica.
  • 7. Rispetto della diversità delle culture europee e delle molteplici civilizzazioni nazionali.
  • 8. Rispetto e protezione delle minoranze nazionali.
  • 9. Una buona ed efficace collaborazione nel quadro della Società delle nazioni.

Paneuropa Italia

L'Unione Paneuropea è presente e attiva in Italia con Paneuropa Italia, che fu rifondata a metà degli anni '80 dall'allora parlamentare europeo Gustavo Selva e dal giornalista Antonio Parisi già collaboratore di Otto d'Asburgo. Attuale Presidente nazionale è l'Ing. Giorgio Salina, mentre Presidente Onorario è la dott. Adriana Usiglio e Segretario il Dott. Pietro Polese. All'interno di Paneuropa Italia agisce anche la sezione Paneuropa Giovani retta attualmente dal Segretario Marcello Menni. Paneuropa Italia e la sezione Giovani sono impegnate nel campo culturale e sociale per il consolidamento dell'ideologia dell'unità europea e per il dialogo transnazionale soprattutto in relazione all'area Balcanica e al dialogo Euromediterraneo con i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo. Tale impegno si è concretizzato nel luglio 2007 con la divulgazione da parte della sezione Giovani del documento intitolato Appello dei Giovani di Paneuropa Italia per l'Unione Mediterranea. Nell'ottobre 2007 ha inoltre partecipato all'annuale Conferenza dell'Unione Paneuropea Internazionale tenutasi a Roma sotto l'Alto Patrocinio della Presidenza del Senato, dove si è discusso del consolidamento di una “Grande Europa” dal Mare del Nord ai Balcani e dall'Atlantico agli Urali.

Bibliografia

  • Pan-Europa. Un grande progetto per l'Europa unita, Il Cerchio, Rimini 2006 (II ed.).
  • Bertella Farnetti Paolo, Gli Stati Uniti e l'unità europea (1940-1950). Percorsi di un'idea, Franco Angeli, Milano, 2005.

Voci correlate


Sull'argomento è di particolare interesse l'articolo seguente, di Valerio Benedetti, su "Il Primato Nazionale".

Esiste davvero il “Piano Kalergi”? Ecco la risposta

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Roma, 27 gen – Uno degli argomenti preferiti degli ambienti “cospirazionisti” è senz’altro il cosiddetto “Piano Kalergi”. Secondo questa teoria, esisterebbe un piano ben architettato e sistematicamente perseguito da diversi soggetti (Stati Uniti, Unione Europea, ecc.), che avrebbe come scopo prioritario la distruzione dei popoli europei attraverso un “miscuglio razziale” con le ingenti masse allogene che ogni giorno affluiscono sul nostro continente. L’iniziatore di questo disegno diabolico sarebbe il conte “Kalergi”, che negli anni Venti fondò il movimento Paneuropa. Per rendersi conto del dilettantismo della maggior parte di questi testi “complottisti” (in carta o in rete), basta semplicemente notare le traduzioni strampalate di alcuni passi delle opere di “Kalergi”, i toni apocalittici, nonché la pretesa di alcuni autori di aver finalmente scritto la prima opera su questo oscuro personaggio di cui nessuno vuol trattare. E tutto questo viene proclamato ai quattro venti, nonostante esista una letteratura scientifica (soprattutto in lingua tedesca) che ha da tempo sottoposto a dura critica i racconti agiografici degli epigoni del movimento paneuropeo (1). Ora, per vederci chiaro in questa faccenda, un’analisi sintetica della biografia e delle idee di quest’uomo si impone come necessaria. Il conte Richard Nikolaus Coudenhove-Kalergi (questo il suo nome completo e corretto) nacque a Tokio nel 1894. Suo padre Heinrich era ambasciatore nella capitale nipponica per conto dell’Impero Austro-Ungarico, mentre la madre Mitsuko Aoyama era la figlia di un ricco commerciante giapponese. Cresciuto in Boemia, completò gli studi ginnasiali e universitari a Vienna. Entrato in contatto con i circoli aristocratici e intellettuali viennesi, conobbe e sposò nel 1915 Ida Roland, un’attrice di origini ebraiche. A seguito della Grande Guerra e del collasso dello Stato asburgico, Coudenhove-Kalergi assunse dapprima la cittadinanza cecoslovacca per poi essere naturalizzato francese. Come si può rilevare da questi primi cenni biografici, abbiamo a che fare con un cosmopolita in piena regola, o meglio un «cosmopolita europeo», come è stato efficacemente definito (2). La sua vicenda personale e la sua formazione filosofica influenzeranno decisamente le sue idee e la sua militanza politica.
Nel 1921 Coudenhove-Kalergi viene iniziato nella loggia massonica viennese Humanitas, da cui si distaccherà qualche anno dopo, per evitare che la sua affiliazione nuocesse al neonato movimento Paneuropa. Lettore assiduo di Oswald SpenglerFriedrich NietzscheGiuseppe Mazzini e Rudolf Kjellén (il pioniere della geopolitica), questi autori svolgeranno un ruolo-chiave nella sua diagnosi dell’appena concluso confitto mondiale. Coudenhove interpreta lucidamente la Grande Guerra come una guerra civile europea che ha fiaccato il Vecchio continente e ne ha sancito la decadenza morale e politica a vantaggio di altri blocchi geopolitici. Un’Europa divisa e frammentata non può più competere con grandi compagini statali come gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica. Per questo motivo saluta con entusiasmo i 14 punti del presidente Wilson e la costituzione della Società delle Nazioni, che in linea di principio avrebbero dovuto garantire la pace europea e mondiale. Tuttavia le speranze di Coudenhove rimasero deluse, giacché sia Stati Uniti che Unione Sovietica rimasero fuori dalla Società delle Nazioni, che invece si rivelò solo per quello che effettivamente era: uno strumento utile ai vincitori (soprattutto Francia e Gran Bretagna) al fine di preservare lo status quo stabilito dal Trattato di Versailles. Per dar corpo e sostanza alle sue idee, Coudenhove-Kalergi pubblica nel 1923 
il suo volume Pan-Europa, che diverrà un caso editoriale negli ambienti colti europei (3). Con una prosa piana e accattivante, l’autore tratteggia il suo ideale politico e culturale, che avrà una grande eco tra politici e intellettuali dagli orientamenti più svariati, da quelli conservatori a quelli riformisti. In seguito alla pubblicazione del volume, Coudenhove fonda un vero e proprio movimento politico-culturale, che incasserà l’appoggio addirittura di capi di Stato e che sarà sovvenzionato, tra gli altri, dai potenti istituti bancari di Louis Rothschild e Max Warburg così come da Robert Bosch, ricco industriale di Stoccarda (4). In linea di massima la Paneuropa si configura come un grande blocco europeo da cui però rimangono esclusi la Russia e l’Impero britannico, ma di cui fanno parte le colonie francesi e italiane. Il progetto è vago e non cesserà di mutare negli anni a fronte degli avvenimenti che ridisigneranno la mappa politica europea. Ad esempio l’autore parla indifferentemente di Paneuropa, federazione, confederazione e Stati Uniti d’Europa.
Anche sul piano dei princìpi culturali, il pensiero di Coudenhove-Kalergi non è facilmente catalogabile. Tendenzialmente il conte è scettico, se non decisamente contrario ai regimi democratici, che egli interpreta come una pura «facciata» alle cui spalle agiscono le oligarchie plutocratiche (5). La sua ideologia elitista, spiritualista, anticapitalista e antiegualitaria non può infatti che portarlo al rigetto dei postulati democratici e, quindi, al sostegno di un «principio neo-aristocratico» (6). Per questi motivi Vanessa Conze ha accostato il pensiero di Coudenhove alla visione del mondo della Rivoluzione conservatrice: gli elementi di convergenza sarebbero lo scetticismo nei confronti del parlamentarismo e la contestuale affermazione dell’autorità, del dirigismo e dell’elitismo, così come il rifiuto dei vecchi modelli conservatori, la fascinazione per taluni aspetti del socialismo e la convinzione che solo forze giovani e vigorose possono “salvare” l’Europa dall’attuale crisi. I temi che allontanano il conte da Spengler, Jünger, ecc. sono invece il mito della nazione e l’etica guerriera – elementi caratterizzanti della Rivoluzione conservatrice, ma praticamente assenti nel pensiero cosmopolita e pacifista di Coudenhove (7). La mancanza di rigorosi presupposti ideologici si riverbera del resto nella prassi politica del conte: se in un primo momento trova una clamorosa sponda nel primo ministro francese Aristide Briand, tenterà poi più volte di guadagnare Benito Mussolini alla causa paneuropea, riuscendo anche – dopo aver fatto molta anticamera – a incontrarlo ufficialmente (8). L’interpretazione dello stesso Coudenhove del movimento fascista lascia ben pochi dubbi sulle difficoltà oggettive di trovare una mediazione tra l’Europa democratica e l’Europa fascista: «Gli avversari fascisti di Paneuropa hanno spesso tentato di identificare il movimento paneuropeo con l’ideologia democratica. Questo tentativo è però destinato a fallire già solo per il fatto che le mie idee filosofiche non sono mai state democratiche, bensì sempre aristocratiche» (9). Insomma, il conte riuscì a farsi criticare dai democratici per la sua fascinazione fascista e, al contempo, a essere scaricato dai fascisti per il suo pacifismo, presto bollato come “democratico” e funzionale al mantenimento del Trattato di Versailles.
Un ulteriore elemento che distingue il pensiero di Coudenhove-Kalergi è il suo spiccato filogiudaismo, che egli ereditò molto probabilmente dalla moglie e dal padre, il quale aveva pubblicato, prima della sua prematura scomparsa, un volume contro l’antisemitismo. Il tema dell’ebraismo si interseca, del resto, con il discorso dominante della sua ideologia, ossia la costituzione di una nuova élite in grado di governare la futura nazione paneuropea. A questa tematica il conte dedicò un libello già nel 1922, cioè Adel (Aristocrazia), poi confluito nell’opera Praktischer Idealismus (1925). Le argomentazioni di Coudenhove sono qui caratterizzate da disinvoltura logicafantasiose semplificazioni storiografiche e, talvolta, anche da spunti interessanti e tutt’altro che banali. Egli parte dalla distinzione, da lui stesso teorizzata, tra campagna/endogamia/paganesimo e città/meticciato/cristianesimo. L’«uomo rustico» sarebbe il classico prodotto dell’endogamia (Inzucht); le sue qualità sarebbero prestanza fisica, aggressività, eroismo, forza di carattere e di volontà, mentre i suoi vizi sarebbero un’innata limitatezza di orizzonti e povertà di spirito. L’«uomo urbano», al contrario, è il frutto della mescolanza di sangue (Blutmischung) e si distinguerebbe per apertura mentale, cultura e ricchezza di spirito; come contraltare sarebbe sprovvisto di carattere e volontà, di coraggio fisico e di iniziativa. A partire da questi presupposti, Coudenhove-Kalergi formula la frase tanto incriminata (e distorta) dai complottisti. Converrà allora citarla per intero: «L’uomo del futuro remoto sarà meticcio (Mischling). Le razze e le caste di oggi saranno le vittime del superamento di spazio, tempo e pregiudizio. La razza eurasiatica-negroide del futuro (eurasisch-negroide Zukunftsrasse), simile nell’aspetto alla razza degli antichi Egizi, sostituirà la pluralità dei popoli con una molteplicità di personalità» (10). Per quanto effettivamente inquietante, la profezia di Coudenhove non riguarda specificamente l’Europa, bensì l’intera umanità. Però è pur vero che il conte si augura l’emergere di un’Europa in cui a essere maggioritaria sia una popolazione spiritualmente forte e caratterialmente debole, al fine di preservare la pace nel continente e nel mondo. Il conte vorrebbe fondare l’esattezza di questa analisi – con un volo pindarico a livello logico e storico – sul fatto che le nazioni europee (che lui non disconosce affatto) non sarebbero propriamente comunità di sangue (Blutgemeinschaft), bensì comunità di spirito (Geistesgemeinschaft). Esse condividerebbero, più che antenati comuni, comuni eroi (11).
Questo discorso ha certamente un senso, se il fine è una nazione europea avvenire. Più complicato e poco conseguente è invece il fatto che, ad una uniformazione planetaria della tecnica, debba seguire una omogeneizzazione etnica e culturale mondiale (che peraltro contraddirebbe la specificità europea asserita da Coudenhove). Ad ogni modo, c’è anche un altro aspetto della teoria del conte che ha inquietato sia complottisti che accademici. Nell’individuare la nuova aristocrazia del domani, Coudenhove la intravede nell’ebraismo, che, tempratosi attraverso secoli di persecuzioni, ora sarebbe divenuto la vera «razza spirituale padrona dell’Europa (geistige Führerrasse Europas)» (12). Così ha chiosato Ulrich Wyrwa: «Le sue affermazioni, che vorrebbero essere filosemite, presentano un’inquietante vicinanza alla semantica antisemita» (13). Dall’unione tra i migliori elementi della «nazione ebraica» e quelli dell’antica nobiltà feudale sorgerà dunque l’«aristocrazia del futuro» (14). Non stupirà a questo punto che Adolf Hitler abbia bollato Coudenhove-Kalergi come «Allerweltsbastard», termine che potremmo tradurre come «bastardo di tutte le razze» (15). L’ostilità nazionalsocialista nei confronti del conte, poi, costringerà quest’ultimo a emigrare negli Stati Uniti in seguito allo scoppio della Seconda guerra mondiale. Ad ogni modo, l’offesa di Hitler nei confronti di Coudenhove, pur nella sua volgarità e nei suoi scopi, centra probabilmente il punto della questione. Il conte viene infatti descritto dalla critica storiografica come una personalità estremamente arrogante e affetta da manie di grandezza, che non smetterà mai di autopromuoversi a rappresentante ideale di questa “aristocrazia del futuro” della Paneuropa. Tutto il suo discorso sul meticciato e la fusione tra ebraismo e vecchia nobiltà potrebbe quindi essere una diretta conseguenza della sua storia personale: meticcio austro-giapponese, cosmopolita errante, sposato a un’ebrea. Più che di una teoria storicamente fondata, si potrebbe quindi trattare di una semplice (e goffa) autopromozione politica.
Ma quanto pesa oggi l’esempio di Coudenhove-Kalergi nel dibattito sull’integrazione europea? Effettivamente ben poco. Lo si cita tutt’al più a mo’ di icona come il primo ad aver parlato di Stati Uniti d’Europa e di una unione delle nazioni del Vecchio continente. La sua influenza politica (pur sempre relativa) viene circoscritta unicamente agli anni Venti e all’inizio degli anni Trenta. Inoltre, il movimento paneuropeo è oggi un piccolo raggruppamento europeista conservatore dal peso specifico assai limitato. Le sue teorie sono state peraltro duramente criticate dagli ambienti accademici. Il suo elitismo e antidemocratismo, insieme al suo discorso sul diritto di Paneuropa allo sfruttamento dello colonie africane, senza contare la sua fascinazione per personalità come Mussolini e Dollfuss, non piacciono affatto all’establishment demo-liberale dell’Unione Europea e ai circoli universitari. Così si esprime infatti Ulrich Wyrwa: «Paneuropa dev’essere quindi considerato un capitolo storicamente chiuso, comprensibile solo alla luce del contesto intellettuale del periodo tra le due guerre, e che non permette alcun collegamento con l’attuale dibattito intellettuale e politico sul presente e sul futuro dell’Europa» (16). Insomma, troppo poco per poter parlare di “piano”. Anche perché i progetti di “grande sostituzione” e di annientamento etno-culturale dei popoli europei sono perseguiti alla luce del sole: hanno ben precise basi filosofiche e sono attuati da altrettanto precisi soggetti politici e intellettuali. Invece di sprecar le energie dietro alla megalomania e ai deliri di onnipotenza di un vecchio conte degli anni Venti, sarebbe molto più opportuno approfondire la dinamica di interessi concreti che legano Soros a Buzzi, gli ambienti confessionali a quelli finanziari, gli industriali alle cooperative e alle Ong. Se non si vuol perdere tempo, beninteso.
Valerio Benedetti
(1) Cfr. a titolo d’esempio V. Conze, Richard Coudenhove-Kalergi. Umstrittener Visionär Europas, Zürich 2004; A. Ziegerhofer-Prettenthaler, Botschafter Europas. Richard Nikolaus Coudenhove-Kalergi und die Paneuropa-Bewegung in den zwanziger und dreißiger Jahren, Wien 2004; J. Jílek, Pan-Europe de Coudenhove-Kalergi. L’homme, le projet et le Mouvement européen, in: «Human Security» 9 (2003/2004), pp. 205-209; U. Wyrwa, Richard Nikolaus Graf Coudenhove-Kalergi (1894-1972) und die Paneuropa-Bewegung in den zwanziger Jahren, in: «Historische Zeitschrift» 283/1 (2006), pp. 103-122; Michael Pammer, Robustere Regierungsmethoden. Richard Coudenhove-Kalergi und die Opportunität politischer Grundsätze, in: «Zeithistorische Forschungen/Studies in Contemporary History» 9 (2012), pp. 484-490. Da queste opere è tratta la maggior parte delle informazioni che seguono.
(2) Conze, Richard Coudenhove-Kalergi, cit., p. 11.
(3) R. Coudenhove-Kalergi, Pan-Europa, Wien 1923, 19822.
(4) Cfr. Ziegerhofer-Prettenthaler, Botschafter Europas, cit., pp. 110-112.
(5) R. Coudenhove-Kalergi, Praktischer Idealismus, Wien-Leipzig 1925, p. 39: «Heute ist Demokratie Fassade der Plutokratie».

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Sempre Valerio Benedetti su "Il Primato Nazionale" ha scritto un interessante articolo riguardante la teoria della Grande Sostituzione etnica europea.

La Grande Sostituzione: sicuri sia solo complottismo?

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Roma, 2 sett – In Francia il fenomeno ha già un nome: il “grand remplacement”. E cioè la “grande sostituzione” dei popoli europei con le imponenti masse di immigrati che stanno invadendo il Vecchio continente.
La formula è stata coniata nel 2010 dallo scrittore francese Renaud Camus, bollato dall’informazione transalpina come “estremista di destra”. Un’etichetta che Camus ha sempre rifiutato. Forse è proprio per l’origine della dizione che la teoria della grande sostituzione è stata subito derubricata alla voce “complottismo” o “cospirazionismo”.
Ma che cosa postula questa teoria? Semplice: prendi un popolo, magari in difficoltà economica e stagnazione demografica, e lo sostituisci con masse di disperati disposti a ogni paga e, possibilmente, più prolifici in fatto di nuove nascite. Il tutto deve essere poi sostenuto dai grandi mezzi d’informazione di massa, dalle oligarchie intellettuali, progressiste e occidentaliste e, ultimi ma non ultimi, dai grandi potentati economici. Si tratta, quindi, di complottismo? Be’, parliamone.
Che l’immigrazione di massa sia un affare (concreto) per diversi soggetti e per le più svariate lobby di potere è un dato accertato. Pensiamo solo a Mafia Capitale e a quel Buzzi che in un’intercettazione telefonica dichiarò candidamente che “con gli immigrati si fanno più soldi che con la droga”. Questo mostrò plasticamente – per chi non volle fare lo struzzo, beninteso – il marciume che ha sempre caratterizzato l’associazionismo di stampo para-mafioso delle cosiddette “cooperative rosse”. Ma si pensi anche solo ai sermoni di Papa Bergoglio, sempre pronto a rampognare gli italiani per la loro scarsa disposizione all’accoglienza indiscriminata, mentre però la Caritas fa soldi a palate grazie proprio alla gestione degli immigrati.
Non basta: giorni addietro sono stati documentati su queste colonne gli interessi fortissimi che le oligarchie finanziarie e internazionaliste nutrono nei confronti dei presunti “profughi”. Dice: che c’entrano questi interessi con la “sostituzione di popolo”? C’entrano, eccome. Ci ha pensato Pier Carlo Padoan in persona a spiegarcelo. Marxista in gioventù, capitalista in accademia e al Fmi, Padoan è diventato ministro dell’economia nel governo Renzi nel febbraio 2014. Qualche giorno fa – non a caso al meeting di Rimini di Comunione e Liberazione – Padoan ci ha voluto togliere ogni dubbio: “Tutta la Ue e l’Italia a sua volta hanno un problema demografico. Quelli vicini alla pensione, tra cui c’è anche il sottoscritto, sono più dei giovani. Tra l’altro, gli immigrati possono dare un contributo positivo in questo senso”.
Insomma, gli italiani fanno pochi figli, ma il ministro dell’economia non pensa assolutamente a incentivi e sovvenzioni alle giovani famiglie italiane: no, meglio affidarsi agli immigrati. E, se poi addirittura li facciamo italiani con lo ius soli, tanto meglio.
Complotto? Voce isolata (seppur autorevole) quella di Padoan? Non proprio: dicono lo stesso, infatti, sia il Sole 24 Ore, cioè la Confindustria, sia anche demografi di chiara estrazione cattolica. Poi, parliamoci chiaro: qui nessuno teorizza un piano perfetto, unitario, sistematico, che preveda la “grande sostituzione”. Complotto no, ma complotti che si intersecano, trame d’interessi che convergono, ideologie allucinate che si mobilitano, be’, questo sì. Tant’è che non c’è nessun piano segreto: dicono tutto in pubblico, alla stampa, alle tv. Ci vogliono sostituire alla luce del sole. Ancora sicuri che sia solo complottismo?
Valerio Benedetti

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