martedì 31 gennaio 2017

Vite quasi parallele. Capitolo 13. Una vita per un'altra vita.

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Pochi giorni dopo la nascita del primogenito di Romano Monterovere ed Elisa Lanni, nell'ottobre 1938, le condizioni di salute della madre di Elisa si aggravarono.
La signora Giulia Lanni soffriva infatti di un'insufficienza cardiaca, dovuta alla calcificazione delle valvole, e all'epoca non vi erano possibilità di guarigione, poiché la chirurgia non aveva ancora sviluppato la tecnica del trapianto valvolare.
Elisa sapeva che a sua madre restavano solo pochi giorni di vita, per cui si fece dimettere dal reparto di maternità il prima possibile e poi, insieme al bambino, a cui era stato dato il nome di Francesco, si recò nel reparto di cardiologia, per mostrare alla madre il nipote appena nato.
La signora Giulia faceva fatica a respirare, poiché l'insufficienza cardiaca impediva al sangue di arrivare normalmente ai polmoni, i quali incominciavano a riempirsi d'acqua.
La morte, in quei casi, sopravveniva per enfisema, e quindi per asfissia.
Nonostante la debolezza, Giulia volle, almeno per pochi istanti, tenere il braccio il bambino.
Poi, con grande fatica, a voce bassa e roca, disse:
<<Una vita incomincia e una vita finisce. Forse quando questo bambino sarà grande, il mondo sarà un posto migliore, e ci sarà un grande progresso, e si potranno curare le malattie come la mia. Io dono la mia vita a questo nipotino nella speranza che la sua vita sia migliore di quella di tutti noi. Una vita per un'altra vita>>
Queste furono le sue ultime parole, perché poi entrò in un sonno profondo, e gli unici suoni che emise furono i terribili rantoli della morte, di cui soltanto chi ha accudito un moribondo può riconoscere la gravità.
Elisa non poteva sapere che un giorno anche lei, prematuramente, sarebbe andata incontro alla stessa sorte di sua madre, per la stessa malattia.
Né poteva sapere che si trattava di una malattia ereditaria, che si trasmetteva con elevata probabilità dai genitori ai figli.
Non sapeva che anche il figlio che teneva in braccio, un giorno, si sarebbe ammalato allo stesso modo, ma a differenza della madre e della nonna, si sarebbe salvato, perché c'erano le cure e gli interventi chirurgici per rimettere in sesto il cuore e i polmoni.
Una vita per un'altra vita.
Elisa ripensò spesso alle parole di sua madre.
Le ponderò con attenzione nella sua mente, meditando sul destino e sulla fragilità della condizione umana.
Meditò sul sacrificio e sul dono, ma non se ne rallegrò, perché sapeva che, almeno in parte, erano presagi di morte e di sventura.
Sentiva che un destino particolare era stato deciso per il suo primogenito, un destino molto diverso rispetto a quello degli altri figli che sarebbero nati in seguito.
La vita di Francesco era destinata a intrecciarsi con quella di altre persone segnate da una sorte difficile e nel contempo straordinaria.
Diversa e più ordinaria sarebbe stata la sorte degli altri due figli di Romano Monterovere ed Elisa Lanni, e cioè Renata e Lorenzo.
Ordinaria non significa necessariamente mediocre, anzi, entrambi fecero strada in contesti importanti.
Ma l'avventura, il romanzesco, l'elemento perturbante, degno di una narrazione speciale... tutto questo fu riservato a Francesco, perché era stato in un certo senso elevato da un dono d'amore, pronunciato su un letto di morte.
E a questo dono si mescolavano insieme le leggende di un'eredità ancestrale: il bisnonno Ferdinando disarcionato all'Orma del Diavolo, l'apparizione degli elfi dei boschi, le peregrinazioni del nonno Enrico, la sabbia del deserto portata dal padre Romano, dopo la guerra d'Africa, con gli occhi ancora pieni del blu dell'Oceano Indiano e del Golfo di Aden.
Verso dove faceva rotta una simile Odissea?
Qual era la Terra Promessa verso cui si dirigeva la nuova generazione della famiglia Monterovere?
Non molto lontano nello spazio, ma lontanissimo nella concezione della vita e del mondo.
Il romanzo era appena iniziato e già si presagivano miracoli.

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