venerdì 5 maggio 2017

Vite quasi parallele. Capitolo 64. Il Canale Emiliano Romagnolo arriva a Casemurate

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Nell'estate del 1983, mentre dalle radio imperversava Vamos a la playa dei Righeira, i lavori di scavo del Canale Emiliano Romagnolo (soprannominato CER) raggiunsero il Feudo Orsini di Casemurate.
Il Consorzio di Bonifica della Romagna Centrale aveva da anni commissionato i lavori all'Azienda Escavatrice e Idraulica Fratelli Monterovere, imparentata con gli stessi Orsini tramite il matrimonio di Francesco Monterovere con Silvia Ricci-Orsini.
Non c'è dunque da meravigliarsi se Riccardo, il figlio nato da quel matrimonio, avesse sviluppato una perversa passione per i fiumi e i canali, compresi i più piccoli fossi di drenaggio o di irrigazione.
In particolare gli sembrava straordinario il fatto che il CER riuscisse a passare sotto i fiumi per mezzo di strutture dette sifoni.
Il CER era stato concepito fin dall'inizio come un canale di irrigazione che, diramandosi dal Cavo Napoleonico a sud di Bondeno, presso Sant'Agostino, portasse le acque del Po fino alla pianura romagnola, che in estate soffriva periodi di vera e propria siccità, e sfociasse infine nel torrente Uso, poco prima di Rimini.



Riccardo ricordava bene gli anni in cui il CER era in costruzione e lui poteva percorrere il suo letto ancora vuoto a piedi e andare persino a visitare i sifoni nel loro interno.
Tutto questo gli era possibile perché sua zia Enrichetta Monterovere dirigeva i lavori con il pugno di ferro, anticipando sia nell'immagine che nei modi il dispotismo di Angela Merkel sull'Unione Europea.
Nelle pause tra un cantiere e l'altro, Enrichetta era ospitata a Villa Orsini, dai parenti di suo fratello Francesco.
Osservava tutto con l'aria di chi tenti di valutare il prezzo di ogni cosa.
<<Il Feudo Orsini è molto famoso>> concedeva Enrichetta <<ma la mia proprietà agricola di Casal Borsetti è molto più ampia>>
Ettore Ricci, che non voleva essere secondo a nessuno, ribatteva punto su punto:
<<Quella terra è salata. Non vale niente>>
Enrichetta, che era già minacciosa quando era calma, diventava una furia quando le prendevano quelli che lei chiamava "i cinque minuti" e che Ettore soprannominava sprezzantemente "una botta di faentino":
<<Dopo la bonifica del Canale in Destra di Reno, che l'Azienda Monterovere ha contribuito a realizzare, il valore di quei terreni è decuplicato. E' stato un grande affare!>>
Anche ad Ettore saltò "la mosca al naso":
<<Non ci cresceranno neanche i cactus.
Signora Monterovere, lei doveva investire i suoi soldi in altro modo. Se mi avesse chiesto consiglio, io sarei stato ben felice...>>
Lei divenne paonazza dalla rabbia:
<<Sciocchezze! Vedrà che le mie terre produrranno le migliori barbabietole da zucchero della regione. L'Eridania verrà in ginocchio da me! Raul Gardini in persona mi pregherà di mettermi in società con lui! Tutte le aziende di Ravenna si consorzieranno con la mia impresa>>
A quel punto Ettore giocava il suo poker d'assi:
<<Se dovessero farlo, sarà solo per motivi politici. Nascerà l'ennesima cooperativa rossa patrocinata da quel suo zio comunista, l' "onorevole" Tommaso Monterovere>>
Enrichetta non spendeva neanche una mezza parola per smentire quell'ovvietà, ma anzi la usava a suo vantaggio:
<<Siamo in Romagna: questa terra è rossa. Converrebbe anche a lei, signor Ricci, aderire al Partito. Chi non è comunista, in questa regione, non lavorerà più, non farà più affari, non farà più niente!>>
Ettore sapeva che era vero:
<<Non posso certo negarlo. Lei però deve ammettere che ai dirigenti del suo Partito, in fondo, dei lavoratori non gliene frega nulla. A loro interessa solo il potere
Certo, ancora non siete al governo, a Roma, ma siete al potere ovunque nella società, nei comuni, nelle province, nelle regioni, nelle scuole, nei giornali, nelle università, nelle cooperative, nella magistratura.
Voi non solo siete al potere: voi siete il potere>>
Enrichetta Monterovere ne era pienamente consapevole:
<<Lei è un uomo perspicace, signor Ricci, e ci è arrivato da solo. Ha capito perfettamente la situazione. Passi dalla nostra parte e il suo potere aumenterà. Le nostre famiglie sono già imparentate.  Mio fratello è suo genero: mio nipote Riccardo è anche suo nipote. Un giorno potrebbe guidare entrambe le nostre imprese.
Si lasci alle spalle il passato e guardi verso di noi, perché noi siamo il futuro>>
Ettore Ricci stupì se stesso nel sentirsi pronunciare una frase coraggiosa:
<<Ho dei doveri di lealtà nei confronti dei miei alleati storici. Si tratta di una questione di fiducia, persino di amicizia. Ci sono vincoli profondi, spirituali. 
Non c'è solo la politica, a questo mondo>>
Enrichetta Monterovere scosse il capo:
<<Ed è qui che si sbaglia, signor Ricci, perché nel nostro ambiente, ai nostri livelli, c'è solo la politica. E si tratta di una politica pragmatica, senza vincoli ideologici.
L'ideologia è soltanto una formula che noi dell'Elite usiamo per naturalizzare agli occhi delle masse l'assoluta arbitrarietà del nostro potere. E la cosa più bella è che la maggioranza ci crede>>
Ettore Ricci si rese conto che colei che aveva davanti lo superava di gran lunga in fatto di cinismo e di spregiudicatezza:
<<E pensare che dicevano che il cattivo ero io>>
Si sentì improvvisamente vecchio e stanco, e per la prima volta in vita sua, ebbe paura.
Cosa sarebbe rimasto dell'Ancien Regime, ora che l'ondata rossa stava per dilagare sul Feudo Orsini?
Ettore guardò il Canale, che come un intruso si insinuava nelle sue terre, e per un istante gli parve che le sue acque, nell'ora del tramonto, assumessero il colore del sangue.

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