lunedì 13 febbraio 2017

Vite quasi parallele. Capitolo 26. Il successo del giovane Augusto Orsini e l'invidia di Ettore Ricci


L'ultima speranza della famiglia Orsini Balducci di Casemurate era interamente riposta nel giovane Augusto, l'unico figlio maschio vivente del Conte Achille e della Contessa Emilia.
Achille ed Emilia avevano avuto sei figli, ma tre di loro erano morti e dei tre rimanenti, le altre due erano donne sposate con uomini desiderosi di spartirsi l'eredità del Feudo Orsini.
Fin dall'inizio infatti, i mariti di Diana e Ginevra Orsini, e cioè Ettore Ricci e Giuseppe Papisco, erano perfettamente consapevoli del fatto che l'unica loro possibilità di rimanere a capo del Feudo Orsini era che il giovane Augusto Orsini non riuscisse a mettere insieme abbastanza soldi per pagare i debiti della famiglia.
L'educazione di Augusto era avvenuta secondo gli schemi della tradizione aristocratica, dando molta importanza alla cultura classica, agli sport e alle pubbliche relazioni, a cui si aggiunse, con l'andare del tempo, la passione del ragazzo per i motori e la tecnologia.
Come regalo per il suo ventesimo compleanno, nel 1947, Augusto ebbe una motocicletta all'avanguardia, con la quale si recava a Forlì, per poi prendere il treno per l'università di Bologna, dove studiava ingegneria.
Era un ottimo studente, ma senza bisogno di passare troppo tempo sui libri: la sua intelligenza e la sua memoria erano così brillanti che riusciva ad apprendere e ricordare anche i concetti più complessi in maniera molto rapida.
Ma quella non era la sua unica dote.
Era infatti molto bello, pieno di fascino, perfettamente coordinato nei movimenti e nei gesti, elegante in maniera classica, con grande stile, e infine anche molto gentile nei modi e simpatico nelle interazioni con gli altri.
Tutte le ragazze si innamoravano di lui.
C'erano molte fanciulle di ottima famiglia che avevano mostrato la loro disponibilità a sposarlo, portandogli in dote una quantità di denaro che sarebbe stata utilissima ai Conti Orsini per incominciare a riprendere il controllo del Feudo.
Augusto era molto galante con tutte e aveva incominciato a valutare quale scegliere, anche se sua sorella Diana gli aveva detto "sposati solo se sei innamorato, altrimenti rischierai di soffrire come me. E non fidarti mai di Ettore e dei suoi amici: tu sei l'ultimo ostacolo che si frappone tra loro e il controllo esclusivo del Feudo".
La famiglia Ricci aveva ancora in mano le ipoteche sui campi, sulle case coloniche e sui capannoni, e soltanto in minima parte aveva accettato di ritirarle.
Ci sarebbero voluti molti anni e moltissimi soldi per pagare quelle ipoteche, ma esisteva il rischio che Augusto Orsini, se fosse divenuto ingegnere e avesse sposato una ragazza ricca, avrebbe potuto, prima o poi, riuscire in quell'impresa.
Tutto questo era ben evidente alla famiglia Ricci.
Il vecchio Giorgio aveva detto che le ipoteche sarebbero state fatte valere prima che Augusto potesse essere in grado di pagarle: in quel modo la proprietà del Feudo sarebbe comunque passata alla famiglia Ricci.
Ma c'era di più.
Ettore Ricci provava, nei confronti del cognato Augusto Orsini, un'invidia destinata a crescere nel tempo.
Ci sono due tipi di invidie: quella positiva, che si trasforma in ammirazione ed emulazione, e quella negativa, che si traduce in odio e azioni ostili.
Ettore era animato dalla seconda.
Una volta un contadino che lavorava nel Feudo era venuto alla Villa per "parlare col padrone".
Ettore aveva risposto: <<Ditemi pure, buon uomo>>
E lui: <<No, io cercavo il figlio del Conte: è così gentile con noi>>
Ettore aveva voglia di prendere a calci quel "maledetto villano", ma si trattenne, perché sapeva che la sua autorità ne sarebbe stata sminuita ulteriormente:
<<Sono io il padrone qui! Mettetevelo bene in testa!>>
Il contadino allora se ne andò senza dire nulla.
A Ettore tornò in mente tutta la serie di figuracce che aveva fatto nel Salotto Liberty, e a tutta la gente che aveva riso di lui, dei suoi modi grezzi, del suo eloquio volgare, della sua mancanza di stile e di bellezza.
Per la prima volta in vita sua si sentì respinto dalla Fortuna e defraudato dei suoi diritti.
Perché Augusto Orsini aveva avuto in sorte tante doti che lo rendevano vincente in tutto e amato da tutti, mentre lui, Ettore Ricci, consapevole della propria goffaggine, doveva stare sempre in guardia e combattere continuamente, anche con mezzi sleali, per mantenere il controllo di ciò che aveva conquistato (e non era poco) in anni di sforzi e di combattimenti?



p.s. Nella foto di copertina, il modello Baptiste Giabiconi